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lla luce del sale

 

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on la polvere sui piedi per il lungo cammino, l’apostolo Paolo fa il suo ingresso in una sinagoga. La sua fama di studioso scrupoloso e attento forse è giunta fino a loro e probabilmente sanno del grande cambiamento avvenuto nella sua vita, quando, da zelante fariseo e persecutore di cristiani, è diventato un fervido cristiano anche lui.

Scritture alla mano, illustra precisamente e  con estrema chiarezza che il Messia annunciato si è rivelato nella persona di  Gesù Cristo, che è stato  crocifisso ed è risorto per dare vita eterna a quelli che avrebbero creduto in Lui.

I presenti ascoltano con attenzione, valutano ogni affermazione e la confrontano con le loro credenze, controllano che i riferimenti alle Scritture siano esatti. Alcuni, poi si indispettiscono e reagiscono, anche in modo violento. Altri credono.

È molto probabile che scene del genere si siano verificate spesso nell’esperienza di Paolo. Ho ripensato alla sua faticosa vita di testimonianza e alle mille vicissitudini che ha passato.

Aveva un vantaggio rispetto a noi.

La società in cui viveva favoriva l’ascolto. Ascoltare con attenzione ciò che veniva detto era un’abitudine diffusa. Oggi, a quanto si può constatare, è una pratica in via d’estinzione.

Tempo fa ho avuto una illuminante conversazione con una donna che da molto tempo è alla ricerca di quel qualcosa che possa colmare il vuoto che sente dentro di lei e cancellare il senso di colpa che permea tutte le sue scelte.

Partecipa a sedute terapeutiche dallo psicologo e ha abbracciato la pratica dello Yoga. È interessata agli aspetti del Buddismo laico, che propone di appropriarsi del lato pratico e comportamentale del Buddismo,  rigettando quello religioso.

Ho provato a far capire, a lei e a suo marito, che è Dio stesso ad aver messo negli esseri umani il senso di vuoto e il bisogno di cercarlo, proprio come Paolo spiegò agli ateniesi. “Egli ha tratto da un solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché Egli non sia lungi da ciascun di noi”  (Atti 17:26,27).

Ho esposto la soluzione, invocare la salvezza in Cristo.

Ho illustrato ancora che la ricerca cesserà solo nel momento in cui Dio vivrà nel loro cuore per mezzo dello Spirito Santo. Che è proprio e solo lo Spirito Santo che può  lavorare nell’intimo e ristabilire la vera pace e liberare dal senso di colpa .

La risposta di lei è stata: “Tu mi parli di Spirito Santo. Ma è qualcosa completamente sconosciuto per me, una realtà lontana dalla mia mentalità, dalle esperienze pratiche di tutti i giorni. Io credo piuttosto che se una filosofia di vita o delle pratiche meditative possono donare serenità — ed io vedo che questo succede — allora, ben vengano”.

Ho insistito dicendo che sebbene queste pratiche e filosofie possano tamponare il bisogno di Dio che langue nell’uomo, non possono in nessun modo risolvere il problema esistenziale, che si ripresenterà periodicamente.

L’uso di questi palliativi è sostanzialmente dannoso poiché non fa altro che rimandare la soluzione del vero problema dell’esistenza ad un altro momento, che non arriverà mai.

Loro sono una tipica “normale” famiglia italiana. Cattolici quanto basta per essere sposati in chiesa e aver battezzato i loro figli, che verranno comunicati, cresimati e quant’altro, e agnostici abbastanza per non interessarsi a nulla che richieda un briciolo del loro impegno e della loro attenzione.

Purtroppo non è cambiato nulla nel loro modo di pensare e vedere la vita, soprattutto perché, mentre parlavo vedevo le mie frasi scivolar loro di dosso come  una saponetta tra le mani.

Mi domando perché delle persone capaci di ragionare e intelligenti per comprendere, si rifiutino addirittura di ascoltare.

La prima risposta è che la fede è un dono.

Dio la dà in base alla sua volontà ed è un Dio geloso, esclusivo,  non ammette interesse incerto  e altalenante e ama, sostanzialmente, l’umiltà.

 “Perché Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché Egli v’innalzi a suo tempo” (1 Pietro 5:5,6).

In secondo luogo mi rendo conto che viviamo in una società che non intende predisporre né all’ascolto né alla riflessione. Anzi. Lo scopo che Satana persegue è quello di  intontire le persone distraendole dal loro stesso dolore e dai loro bisogni reali perché non cerchino Dio.

La centralità dei sentimenti, delle emozioni e della spettacolarità di qualsiasi azione umana cancella l’approfondimento razionale e la riflessione sui temi importanti e allora…“Chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza!”

Paolo condanna esplicitamente questo stile di vita, tanto che afferma: “Se soltanto per fini umani ho lottato con le fiere ad Efeso, che utile ne ho io? Se i morti non risuscitano, mangiamo e beviamo, perché domani morremo. Non v’ingannate: le cattive compagnie corrompono i buoni costumi” (1 Corinzi 15:32-33).

Il problema, anche per noi cristiani, è che viviamo immersi in un sistema di cattive compagnie e rischiamo di venir risucchiati da questa letale spensieratezza.

È sufficiente accendere la Tv o condividere esperienze con gente non credente, siano essi familiari, amici, colleghi o semplici conoscenti, per esserne contagiati.

D’altro canto, se ci emarginiamo come potremo essere la luce del mondo?

Tu, preferisci la luce soffusa e opaca di televisore acceso o quella intima e profonda della Parola di Dio?